giovedì 26 dicembre 2019

Mercoledì, 24 Agosto 2011

Gli antichi popoli italici celebravano periodicamente la primavera sacra, che vedeva i membri più giovani lasciare la tribù per andare a colonizzare nuove terre.
Da noi, al contrario, c'è l'autunno sacro, che arriva puntuale con i primi bagliori dorati delle foglie sugli alberi: anziché far partire i nostri giovani, anche quest'anno ne accoglieremo di nuovi, a migliaia.
Le matricole più previdenti si sono già organizzate da metà luglio: le aspetta un posto in doppia con un vecchio compagno di liceo a trecento euro. Per tutti gli altri, è iniziato il tradizionale vagare, scortati da un genitore o a coppie d'amici, fra le bacheche fitte di messaggi.
Seguiranno chiamate convulse al cellulare, appuntamenti con potenziali padroni di casa o, più spesso, con studenti più anziani impegnati a subaffittare porzioni d'appartamento.
Troveranno tutti la propria tana, il proprio ritmo, una consuetudine inattesa nel muoversi fra il nuovo alloggio e il quartiere universitario. Si abitueranno all'accento e ai costumi di qui senza accorgersene, presi da lezioni e seminari, e già a Natale, tornando alle proprie case, qualcuno li troverà cambiati... Più grandi e meno superficiali, un pizzico bolognesi nei modi.
È un miracolo che si ripete dall'anno accademico 1089-90, eppure non cessiamo di stupircene, come di fiori che s'ostinano a sbocciare nella stagione in cui dalla terra non germina nient'altro.

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Sfilo sotto il ponte della ferrovia, sulla cui massicciata qualcuno ha scritto: «Rialzati, Bologna». Pensava alla squadra di calcio oppure alla città?

Da "La vita quotidiana a Bologna ai tempi di Vasco" di Enrico Brizzi, Ed. Laterza

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