giovedì 26 dicembre 2019

Mercoledì, 25 Giugno 2008

Si fermò, inorridita per quello che le era uscito di bocca. Non ne aveva intenzione – sapeva che era sbagliato – ma le era scappato, come se l'avesse detto qualcun altro. Si sentì subito malissimo e pensò: è così che si commettono dei torti, senza pensarci. Fare il male non era difficile, non era una cosa che si premeditava accuratamente. Bastava una frase o un gesto casuale, semplicissimo. Era la teoria di Hannah Arendt: la semplice banalità del male. Solo il bene era frutto di eroismo.
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Gli studi dei filosofi si incentrano su problemi di questa natura, rifletté Isabel. Il perdono è un argomento che li appassiona, così come il castigo. Bisogna punire i colpevoli, non perché faccia sentire meglio – in fin dei conti ci si sente come prima –, ma per ristabilire un equilibrio morale. È una dichiarazione di condanna dell'errore, che ci aiuta a mantenere un senso di giustizia nel mondo. Ma in un mondo giusto vanno puniti solo coloro che hanno intenzioni malvage e che agiscono con cattiveria. Quel ragazzo, ora lo capiva, non aveva mai nutrito cattive intenzioni.
Da "Il club dei filosofi dilettanti" di Alexander McCall Smith, Ed. Tea

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