giovedì 26 dicembre 2019

Lunedì, 23 Novembre 2009

Bocchi sbadigliò. Poi gli prese la mano. – Allora non hai capito. Il tempo delle figure di merda è finito, morto, sepolto. Se n'è andato per sempre con il vecchio millennio. Le figure di merda non esistono più, si sono estinte come le lucciole. Nessuno le fa più, tranne te, nella tua testa. Ma non li vedi a questi? – Indicò la massa che applaudiva Chiatti. – Ci ricopriamo di letame felici come maiali in un porcile.

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Sí, l'imprevedibile chef bulgaro adorava la fame e odiava l'appetito. L'appetito era l'espressione di un mondo satollo e soddisfatto, pronto alla resa. Un popolo che assapora invece di mangiare, che stuzzica invece di sfamarsi, è già morto e non lo sa. La fame è sinonimo di vita. Senza fame l'essere umano è solo una parvenza di se stesso e di conseguenza si annoia e comincia a filosofeggiare. E Zóltan Patrovič odiava la filosofia. Soprattutto quella applicata alla cucina. Rimpiangeva la guerra, le carestie, la povertà. Presto avrebbe venduto baracca e burattini e si sarebbe trasferito in Etiopia.

Da "Che la festa cominci" di Niccolò Ammaniti, Ed. Einaudi

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