Martedì, 22 Agosto 2006
All'Open House si festeggiava uno dei fallici miti degli anni ottanta: i Duran Duran. Il ritmo di Wild Boys voleva evocare lo spirito del decennio trascorso, un decennio ancora così vicino che, anziché una seduta spiritica, la serata ricordava il massaggio cardiaco per salvare un moribondo. Non era una commemorazione, ma la respirazione bocca a bocca a dieci anni che avevano finito l'ossigeno prima che potessimo rendercene conto. Gli anni aerobici, che in tutine sgargianti avevano fatto ginnastica sino alle macerie del Muro di Berlino, se ne erano andati. Dopo un decennio di culturismo nessuno aveva intenzione di sporcarsi i bicipiti oliati di kiwi sollevando i calcinacci che si erano illusi di separare i berlinesi. Qualcosa però era rimasto degli anni ottanta. Quel qualcosa era contenuto all'Open House. Non si trattava di un Duran né dell'altro. Era lo yuppie: Paolo, l'assassino di una Lucy che, essendo morta negli anni settanta, degli anni ottanta non aveva potuto cogliere l'uva, né abbronzarsi alle lampade UVA.
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Non ricordo se da piccolo aspettassi Babbo Natale o Gesù Bambino. La cameriera, vicino all'albero di Natale, la sera della vigilia metteva un vassoio di paste e della Coca-Cola per chiunque mi portasse i regali. Suppongo, ripensandoci, fosse Gesù Bambino. Babbo Natale la Coca-Cola la beve solo col rhum.
Da "Il senso della frase" di Andrea G. Pinketts, Ed. Feltrinelli
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